Crepe nei muri

Crepe nei muri: in tema di contratto d’appalto, sono gravi difetti dell’opera, rilevanti ai fini dell’art. 1669 c.c., anche quelle che riguardano elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi), purché tali da comprometterne la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 10048 del 24 aprile 2018 (sotto allegata), richiamando un precedente arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite del marzo 2017.

La Cassazione riteneva fondato il motivo addotto dal condominio secondo cui la Corte d’Appello aveva falsamente applicato l’art. 1669 c.c. non facendovi rientrare le diffuse cavillature accertate.

Come noto, in edilizia, il rivestimento, essendo applicato agli elementi strutturali di un edificio, non svolge soltanto funzioni estetiche bensì ha anche finalità di accrescimento della resistenza alle aggressioni degli agenti chimico-fisici e atmosferici. In tale quadro, le fessurazioni o crepe, realizzando nel tempo una maggiore esposizione alla penetrazione di agenti aggressivi sugli elementi strutturali, devono essere qualificate, ove non siano del tutto trascurabili, idonee, in via astratta, a compromettere la funzionalità globale e la normale utilizzabilità del bene.

In conclusione, a parere dei giudici della Cassazione, deve ritenersi superato il precedente orientamento secondo cui le lesioni della facciata di un immobile, come le microfessurazioni, possano considerarsi irrilevanti in quanto incidenti dal punto di vista estetico.

Sentenza Cassazione n. 10048/2018

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